THE BETTER HALF? by Marta Spizzichino
Se guardo gli amici di mia nonna noto che quasi tutte sono donne sopravvissute ai propri mariti.
Le donne in media sono quattro anni più longeve degli uomini perché hanno un sistema immunitario più aggressivo, combattono meglio virus e tumori e soffrono meno i disagi legati allo sviluppo. Perché ciò avviene?
Il medico e neurogenetista americano-canadese Sharon Moalem ha dedicato pagine interessanti alla spiegazione del perché le femmine risultino sotto certi aspetti geneticamente superiori.
E il tempismo, che solitamente si gira dall’altra parte, in questo caso ha voluto che preparassi l’esame di genetica in concomitanza con la pubblicazione in Italia del libro. Così sono stata risucchiata da cromosomi, storie personali dell’autore e bizzarre analogie che equiparano il processo dello sviluppo neuronale alla potatura dei meli in Giappone.
La superiorità genetica delle donne, derivata dalla presenza di un doppio cromosoma sessuale (XX) in ogni sua cellula - con l’eccezione delle cellule germinali che presentano corredo cromosomico dimezzato - non è gratuita. Il sistema immunitario delle femmine genetiche infatti è molto più incline ad attaccare se stesso con malattie autoimmuni come il lupus e la sclerosi multipla.
La capacità di avvalersi di due cromosomi X diversi rimane però una delle principali ragioni alla base della superiorità genetica di una donna perché equivale a una flessibilità maggiore.
Ad esempio se il gene su uno dei cromosomi X non dovesse funzionare bene, c’è il gene analogo sull’altro cromosoma X che compensa - a patto che questo non presenti la stessa mutazione deleteria -. I maschi genetici non hanno questo vantaggio perché sono eterogametici (XY), motivo per cui presentano malattie genetiche legate al cromosoma X - come l’emofilia e il daltonismo - con una frequenza maggiore rispetto alle donne.
Le storie che l’autore descrive sono tante, così come i luoghi che le abitano. Il linguaggio è semplice, mai invadente, a tratti pittorico per un saggio quasi scientifico. M’immagino le patate viola della specie puma maki (o zampa di puma) che crescono impervie sugli altipiani peruviani.
Patate diploidi come gli esseri umani (con due copie di cromosoma nel nucleo delle proprie cellule), così diverse da quelle addomesticate che sono tetraploidi o esaploidi.
Perché quest’ultime - come il tabacco e il grano - hanno moltiplicato i propri cromosomi?
Devono averne tratto un vantaggio, perché in effetti “avere copie aggiuntive dello stesso cromosoma offre un più alto livello di diversità genetica e protegge la pianta da mutazioni deleterie”. Le femmine umane XX hanno subìto una sorte simile raddoppiando i propri cromosomi sessuali, traendo così un vantaggio di sopravvivenza notevole sui maschi in ogni fase della vita. “Come le piante poliploidi, che possono attingere a una conoscenza genetica supplementare acquisita in milioni di anni di sopravvivenza, le donne affrontano meglio la vita”.
Questo non è l’unico paragone botanico del libro, c’è anche quello che accosta, come scritto poche righe sopra, la raccolta delle mele e il funzionamento del cervello umano. “Partiamo tutti con miliardi di neuroni e un numero ancor più alto di connessioni. Come l’obiettivo di Yamazaki era ottenere mele migliori con la potatura, così, perché il cervello umano si sviluppi normalmente, deve aver luogo una massiccia e attenta potatura delle cellule e sinapsi. Per questo motivo, in generale, il numero di neuroni degli adulti è inferiore a quello che possiedono i neonati all’inizio della vita”.
Oggi si ritiene che le cellule microgliali, che si occupano della prima e principale difesa immunitaria attiva nel sistema nervoso centrale (SNC), recidano e rimuovano le connessioni inutilizzate come i coltivatori di mele giapponesi potano le mele imperfette.
Come spiega l’autore, la microglia risulta a oggi coinvolta nella sclerosi multipla, che in presenza di infiammazioni diventa più attiva. Come tutte le malattie autoimmuni la SM colpisce in maggior numero le donne a causa di un sistema immunitario paradossalmente troppo efficiente.
Un’altra questione interessante che emerge è relativa alla sperimentazione. Ho scoperto con non poco stupore che la pratica medica è basata su ricerche condotte principalmente su cellule maschili e animali maschi.
Ciò ha delle conseguenze? Certamente.
Conosciamo meglio gli uomini e “salvo qualche eccezione, il trattamento clinico riservato alle donne è identico a quello degli uomini”. La comunità dei medici ha per troppo tempo ignorato la specificità genetica delle donne, riservando loro lo stesso trattamento clinico pensato per gli uomini.
Laddove un documento formale pubblicato nel 1987 dalla Food and Drug Administration forniva linee guida valide per orientare gli esperimenti su animali sia maschi sia femmine, nei fatti questo rimaneva un’indicazione, non una norma.
Va da sé che l’impiego nella ricerca di soli animali maschi dà una visione parziale della complessità genetica ed esautora le femmine genetiche da qualsivoglia analisi.
É stata la farmacocinetica, ovvero quella branca della farmacologia che studia quantitativamente l’assorbimento e l’eliminazione dei farmaci, a dimostrare le differenze tra i due sessi.
Il corpo dei maschi e delle femmine metabolizzano in modo diverso il paracetamolo e gli antistaminici Seldane e Prepulsid - assunti per alleviare i bruciori di stomaco - figuriamoci farmaci per il cuore o sonniferi.
Mi verrebbe da sorridere se non ci fosse da piangere. Questo libro ai miei occhi è l’unico prodotto equilibrato di un’analisi oggettiva lontana da manifesti e trend pseudo-femministi.
Se l’autore avesse voluto o meno scrivere un testo femminista non oso dirlo, e rimango volentieri nel dubbio. Mi auguro solo che rimanga uno strumento, un punto di partenza, uno spunto per una riflessione più consapevole.
La metà migliore ci porta in groppa a un Ippogrifo, come Astolfo sulla luna, verso un possible femminismo moderno, più sfumato e senza dimenticarsi il senno.
Marta Spizzichino, classe ’95, romana da generazioni. Laureata in Filosofia studia ora Biotecnologie ambientali. Escursionista entusiasta, lettrice appassionata, convinta europeista. Cura una rubrica di libri sul giornale della comunità ebraica di Roma SHALOM.it. Ama la lingua e la cultura austro-tedesca, il Bretzel al burro, Primo Levi e Stefan Zweig.
Marta Spizzichino was born and raised in Rome in 1995. She has a degree in Philosophy and she’s now studying environmental biotechnologies. Spirited hiker, passionate reader, big fan of a United Europe. She reviews books, as a columnist, on SHALOM.it, the newspaper of the Jewish Community of Rome. She loves Austro-German culture, a buttered Bretzel and Stefan Zweig.