NOSTALGIA by Manuel Cordero

1

Siepe. Brezza calda.

Zanzariera, polvere e vetri.

Seduto sul bordo del letto.

Maglia bagnata. Aloni. Sudore.

Fermo. Occhi assenti.

Memorie. Attimi persi.

2

Barista. Straccio. Bancone.

Fuori tavoli, carte, chiacchiericcio e teste bianche.

Scopa!, urla uno. Partono imprecazioni e offese.

Nubi scure. Brontolio. Tazzine riempite di gocce.

Fuga in massa verso ripari.

Strade diventano fiumare.

Acqua scorre. Scende tegole e grondaie.

Temporale estivo saluta il giorno.

Dentro al bar resta solitario un vecchio. Vede immagini strane.

Dei bambini corrono.

Scalzi, magri, con vestiti luridi e strappati.

Ridono. Hanno denti gialli.

Lui si alza e paga. Sulla soglia guarda destra e poi sinistra.

Inspira, espira. Son ricordi.

3

Sole. Fruscio. Ombre.

Asfalto. Bastone. Scarpe.

Salita. Cima.

Chiesa vuota. Porte serrate.

Campagna. Erba alta e secca.

Alla fontana si disseta.

Panchina di legno.

Siede nella frescura circoscritta d’un albero.

Rondini volano. Tracciano curve in cielo.

Nuvole bianche. Sfondo azzurro.

Sorride al sereno.

Sguardo cade. Campo con spighe di grano.

Adesso c’è un tramonto rossastro.

Un ragazzo tiene una ragazza per mano.

La stringe a sé. Primo bacio.

4

Letame. Odore pungente.

Mucche ruminano.

Campanelle.

Stalla. Bambino porta secchi vuoti.

Contadino munge.

Ecco papà, parla il piccolo. Ora porta questi pieni a tua madre, ordina l’uomo.

Manine stringono. Sforzo. Diventa paonazzo.

Mamma?, dice appena arrivato.

Non eri a scuola tu? Ora quel testone mi sente!, sbatacchia arrabbiata la madre.

Raggiunge il marito, Ha sette anni!, Deve iniziare a faticare. Aiutare la famiglia, Deve studiare, E cosa ci farà coi libri?, Non diventerà un mulo come te. Non si spezzerà la schiena!, Per essere un mezzo prete? Non voglio mio figlio prete neanche a metà!.

La donna urla, Sei un testone!.

L’uomo risponde, E tu quella che vuole suo figlio prete!, Ma non si farà prete!, Lo sarà a metà!, Argh!.

Bisticciare, bisticciare.

Din, don! Campanelle.

Non ho mai scordato da dove provengo, papà, dice un vecchio guardando le mucche sbiascicare.

5

Due bicchieri. Vino rosso.

Un uomo e una donna.

Un tavolo e una candela.

Violinista si destreggia.

Sottofondo, musica dolce.

Lui si inginocchia. Anello e proposta.

Lei lo abbraccia. Annuisce incredula.

D’un tratto… Brusio, confusione e sala piena.

Il solito?, chiede una cameriera.

Immagine vola via. Occhi celano un sentimento.

Sì, il solito. Grazie, risponde un vecchio sorridendo.

6

Fronde verdi. Alcune foglie gialle.

Succhiano vita i rami.

Tronco resta eretto.

Grilli cantano. Vento liutaio.

Immobile, si regge sul bastone.

Pensieri: tenagli della mente.

Camici bianchi, Non possiamo fare niente.

Scrosciare del cielo triste.

Terra arida diventa fango.

Meteo cangiante delle montagne irte.

Mano destra sul petto.

Respiro ampio trattiene gli spasmi.

Lacrime su un volto inespressivo.

Due tombe. Due lapidi. Due mazzi di fiori.

Un figlio che non vedrà mai il mondo.

Una sposa che non sarà mai madre.

7

Autobus.

Zaino e valigie.

Un ragazzo, una madre e un padre.

Abbraccio che nasconde una paura. Paura dell’addio, del non ritorno, del mai più.

Tristezza raggiunge felicità. Felicità ritorna tristezza.

Un vecchio contempla quell’immagine. Qualcosa si para davanti al suo sguardo. Qualcosa di un passato remoto.

Padre, madre, poi tornai, dice.

8

Cala la sera.

Pinta. Birra bionda.

Bar sulla via centrale.

Gli ormai forestieri passeggiano vanitosi: radici ammuffite e collegamenti smorti.

Ci vogliamo allontanare, tanto da invogliare i nostri geni. Ripudiamo la nostra identità, ma non possiamo accettarne un'altra. Dunque, preferiamo essere niente. Questo strazio lo riversiamo nel nostro sangue, pensò un vecchio.

Un sorso. Un’occhiata ancora.

Ma, un giorno, la natura del nostro seme risveglierà la sua nostalgia. Nostalgia di un luogo che attende di risplendere, fece fra sé. Io appartengo alle sue antiche rovine. Alle memorie che ne indicano il punto sulla cartina geografica. Sarò nulla più, se non un aiuto, a chi lo voglia, ad aggirarsi per le sue vecchie vie, concluse.

D’un tratto era giovane. Moro. Pelle quasi mulatta.

Vide gli amici di sempre. Li vide svanire dinnanzi a sé.

9

Lampioni accesi. Un cane randagio vaga per le strade deserte.

Casa, portone, chiavi e mobile.

Porta scorrevole, terrazzo e sedia.

Luna piena.

Cielo: coperta scura.

Montagne: giganti dormienti.

Aria fresca e densa.

Ululati. Lupi dalla foresta.

Un vecchio osserva le stelle.

È immerso dentro a uno specchio.

Vede lo svolgersi della sua vita: bambino, ragazzo, uomo e vecchio.

Dal buio profondo si fanno avanti figure passate.

Suo padre e sua madre che lo riabbracciano dopo tanto tempo.

Sua moglie con suo figlio in braccio.

I suoi amici che lo alzano e lo sostengono.

Ridono assieme. Scherzano.

Sono tutti lì. Non se ne vanno.

Accarezza suo figlio.

Accarezza sua moglie.

Piange, piange. Ma di gioia.

Bacia la sua sposa intensamente.

Apre gli occhi.

Siepe. Brezza calda.

Zanzariera, polvere e vetri.

Seduto sul bordo del letto.

Maglia bagnata. Aloni. Sudore.

Fermo. Occhi assenti.

Memorie. Attimi persi.

Manuel Cordero, nato a Firenze il 22 febbraio 1995. Vive a Cerreto Guidi nella campagna fiorentina. Giornalista sportivo e scrittore di brevi e brevissimi racconti.

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