Doppeldeutigkeit e Querdenker - di Marta Spizzichino
Doppeldeutigkeit e Querdenker: ambiguità e pensatori laterali nell'anima tedesca
«C’era una volta il Quertreiber (la parola è di origine olandese), un navigante che invece di seguire la rotta prescritta andava di traverso e finiva così per tagliare la strada (in die Quere kommen) ad altri navigatori. Di lì venne fuori il Querkopf, una testa storta, uno che faceva a modo suo e non seguiva la retta via. Tutto questo per dire che quer, traverso, trasversale, storto, in tedesco non ha mai significato niente di buono. Figuriamoci poi dire di qualcuno che è un Querdenken, che unisce cioè la stortura al pensiero (Das Denken), ovvero a quanto i tedeschi tengono in massima considerazione, come si vede anche dal numero di vocaboli che vi fanno riferimento. Nella lingua tedesca non ci sono solo i Vordenker (i precursori, quelli che pensano “prima”) e i Nachdenker (i riflessivi, quelli che pensano “dopo”); ci sono gli Umdenker, che cambiano radicalmente idea e pensiero, e i Mitdenker, capaci di immedesimarsi nei pensieri e nei desideri altrui. Un ultimo neologismo, Denkanstoss, è un incitamento a riflettere che suona come un pugno in faccia. Appropriatamente indica l’idea che sblocca una situazione di stallo».
Piccolo viaggio nell’anima tedesca, Vanna Vannuccini e Francesca Predazzi, Feltrinelli
La lingua tedesca è come una scatola che contiene pezzi di lego colorati: i prefissi e i suffissi sono i quadratini rossi e blu, le radici delle parole sono i rettangoli verdi. Non è dunque difficile, dopo un po’ che li si adopra, immaginare concetti e indovinare come si dicono pre-giudizio (Vor-ur-teil), passeggino (Kinder-wagen), apolidia (Heimat-los-ig-keit) e ambiguità (Doppel-deut-ig-keit).
È un linguaggio logico, ricco e astratto, e non per questo meno sensuale dell’italiano o dell’inglese britannico. Laddove noi italiani usiamo perifrasi e circonlocuzioni, i tedeschi dispongono di parole rigorose per concetti che possono sembrare più o meno futili: Der Hand-tuch-heiz-korper, ovvero lo scalda-asciugamani, oppure Der Donau-dampf-schiffahrts-gesellschafts-kapitan, il capitano della compagnia di navi a vapore del Danubio.
Con più di 350.000 lemmi il tedesco possiede parole immaginifiche e puntuali, divenute talvolta simboli di svolte politiche e culturali.
C’è il Querdenker, il pensatore laterale, che non tiene conto dell’ordine prestabilito. Molti di noi esulterebbero se venissero apprezzati per le proprie idee stravaganti, ma non i tedeschi di quarant’anni fa per i quali percorrere vie già battute era sinonimo di garanzia.
I Querdenker sono gli intellettuali scomodi, che repellono indistintamente conformismo e autoritarismo. Diventerebbero Nestbeschmutzer - gli insozzatori del nido di domani - se solo proseguissero verso quella strada.
E furono proprio i tedeschi, per un mutare dello spirito dei tempi, ad eleggere nel 1991 Querdenker parola dell’anno. La lingua - e con lei il concetto di regola, legge, disciplina - erano forse destinate a cambiare piano piano?
«Pensare con la propria testa è diventato un valore» recitavano all’epoca i titoli di giornale e non è raro trovare oggi associazioni che propinano corsi estivi per imparare a pensare di testa propria. Dal 1995 un gruppo di aziende tedesche finanzia una Querdenkenakademie, un’accademia per imparare a pensare in modo strambo grazie a materie tipo “innovazione e ribellione”, che mi suonano familiari ma decontestualizzate, forse perché sono italiana e da sempre guardo con mesta invidia l’ordine e il rigore che i miei cugini teutonici hanno e che io nel mio paese spesso non trovo.
Imparare cosa sia la ribellione sui banchi di scuola sembra un controsenso, perché questa dovrebbe comprendere, almeno in teoria, la sovversione della stessa idea di studio e disciplina. Un paradosso: pane per i denti di Zenone.
Accanto al Querdenker c’è il Nestbeschmutzer, «un individuo che insozza il suo nido: la famiglia, la chiesa, la patria, il partito, insomma il nucleo a cui appartiene». Sporcare il nido è spregevole e persino gli animali si trattengono dal farlo. «La femmina del bucerotidi, uccello equatoriale dal becco ricurvo, passa diversi mesi “murata viva” nella cavità di un baobab durante la cova, e per non sporcare il nido ha imparato a gettare con cura gli escrementi dalla stessa fessura attraverso la quale il compagno le porta il cibo».
Insudiciare il nido è violazione e sacrilegio e le poesie di Heine ne sono una degna raffigurazione. Poeta tedesco, ebreo convertito, fugge a Parigi per evitare la censura e da lì schernisce la Prussia e le sue virtù militari, nel 1851 scrive «Più guardavo con timore questa aquila prussiana… tanto più ero consapevole dei suoi artigli… Profondamente ripugnante era per me questa Prussia rigida, ipocrita e bacchettona».
Accanto a un vasto seguito di detrattori Heine vantava fino a metà Novecento un esiguo gruppo di appassionati lettori.
La storia delle sculture a lui dedicate è singolare: una di queste fu commissionata nel 1926, e 15 anni più tardi adoperata come materia prima per produrre cannoni. A guerra finita a Düsseldorf fu posizionata una statua che non presentava nessun chiaro riferimento al poeta, e sorte altrettanto nefasta sarebbe toccata a quella eretta nella Germania Est che, essendo troppo poco rivoluzionaria, sarebbe stata tolta subito dopo essere stata eretta. Bisognerà aspettare il 1988 per assistere all’ultimo atto: dopo estenuanti discussioni venne dato all’Università di Düsseldorf il nome di Heinrich Heine Universität: l’ordine delle cose fu definitivamente ristabilito.
E ancora Schadenfreude, un concetto che esiste in tutte le lingue ma diventato parola solo grazie all’audacia dei tedeschi: la gioia delle disgrazie che accadono agli altri. Un’appropriazione indebita degli americani, che la fanno persino comparire in un dialogo della serie cartoons The Simpson.
La lingua tedesca non è solo cinica ma anche idealmente romantica. Ha coniato vocaboli come Vorfreude, l’attesa che precede la gioia, una sensazione che ci riporta al Sabato del villaggio di leopardiana memoria e che funziona «da profilassi contro le possibili amarezze della vita». La Schadenfreude è provata invece da chi è vessato dal potere o da chi come tale lo vive. È la gioia che provano i piccoli, che dall’angolo del proprio mondo osservano con sorriso sornione le disgrazie che incombono sui forti. Un sentimento nefasto, saporito, umano che senza il sostegno del giornale Bild sarebbe rimasto turpe e inconfessabile se non a sé stessi.
Marta Spizzichino, classe ’95, romana da generazioni. Laureata in Filosofia studia ora Biotecnologie ambientali. Escursionista entusiasta, lettrice appassionata, convinta europeista. Cura una rubrica di libri sul giornale della comunità ebraica di Roma SHALOM.it. Ama la lingua e la cultura austro-tedesca, il Bretzel al burro, Primo Levi e Stefan Zweig.
Marta Spizzichino was born and raised in Rome in 1995. She has a degree in Philosophy and she’s now studying environmental biotechnologies. Spirited hiker, passionate reader, big fan of a United Europe. She reviews books, as a columnist, on SHALOM.it, the newspaper of the Jewish Community of Rome. She loves Austro-German culture, a buttered Bretzel and Stefan Zweig.