REN WOXING by YIN Xiǎoyuán

(translated by Paolo Maria Rocco)

Photo by Deep Sleep

The short story is accompanied by an essay written by the translator that contextualizes its themes and expands on the creative, cultural and philosophical ideas behind it.

Il racconto è accompagnato da un saggio scritto dal traduttore che lo contestualizza e espande i temi creativi, culturali e filosofici del testo e dell’autrice.

REN WOXING

[1]

Primeiro nacque in un modo straordinariamente silenzioso. La sua tata lo portò subito nel laboratorio del padre, nella profondità della loro casa rinascimentale a Firenze. Era avvolto in velluto e raso, sembrava un piccolo porcospino tutto rosa. Il vecchio, che si stava concentrando su un delicato gioiello in filigrana d’oro e zaffiro, fu disturbato dalla “brusca” visita della donna, le sue mani si contorsero per la sorpresa e rovinarono il monile inestimabile sul quale stava lavorando da 7 mesi. «Che palle!*». Andò su tutte le furie imprecando contro il piccolo Primeiro, vergognandosi poi di se stesso per il suo delirio: «Mortacci tua!».

«Possibile che sia davvero imbecille di natura?».

Aprì i suoi grandi occhi d’ebano e si trovò circondato da adulti stranamente magri: due sorelle più grandi d’età, un fratello vestito fin troppo come un dandy, e una folla di ospiti pettegoli in abiti squisitamente sartoriali che sorridevano vagamente, in un modo lugubre e inquietante... Si sentì come un pesce finito proprio nel mezzo di una rete.

Suo padre era ossessionato dal disegnare gemme, come Luigi XVI lo era dalla fabbricazione di serrature. La madre, malinconica e remissiva, era la sua unica compagna in questa grande casa che di giorno risuonava di risate tronfie e di notte era morta come una città fantasma. Primeiro diventò un giovane pallido e asociale. Incontrò il suo primo amore solo dopo i venti anni. Un giorno, una conduttrice di talk show fu invitata dal padre a discutere di sponsorizzazioni commerciali di gioielli. Nel momento stesso in cui i loro sguardi si incrociarono, Primeiro si sentì come se “i suoi polmoni si fossero impregnati di aria fresca dell’Appennino”.

Durante il primo anno della loro relazione, sembrò che il dono della parola di Primeiro si fosse risvegliato con una rapidità sorprendente. Nei discorsi pubblici divenne un abile retore, mostrò di possedere un’eloquenza incredibilmente affascinante. Mesi dopo, mentre si trovava a una cena con la sua ragazza, gli amici curiosi di lei ricominciarono a prenderlo in giro, come erano soliti fare alle sue spalle. Con grande sorpresa di tutti, lui si alzò in piedi e diede a quei pettegoli una lezione davvero sbalorditiva con il suo sfogo dall’oratoria sarcastica e travolgente... Naturalmente Primeiro vinse la battaglia ma perse la sua ragazza...

La sua seconda ragazza fu una professoressa di matematica dall’evidente vena puritana, che lo lasciò cinque mesi dopo. La donna rimase enormemente scioccata e umiliata quando seppe che Primeiro era stato pubblicato nel giornale del SCI Impact Factor 5+ come autore principale, e che si trattava esattamente del suo argomento di ricerca, al quale lei aveva dedicato anni e anni di studio! Fu presa da una rabbia incontenibile: Primeiro le stava rubando le idee originali! Così, decise di affrontarlo. Primeiro, con un sorriso sardonico sulle labbra, tirò fuori da un cassetto un libro atteggiandosi in un aplomb insolente: “Acta Applicandae Mathematicae”. Sì, Primeiro aveva risolto il più grande problema irrisolto che lei aveva inseguito durante tutta la sua carriera...

Un’artista dell’installazione, una soldatessa delle forze speciali, una professionista in psichiatria... in quegli anni Primeiro accumulò ben tredici fidanzate. Si dice che quando l‘ultima di loro lo lasciò, lui divenne onnipotente come un dio.

[2]

[Fotogramma lungo]

Di mattina. Firenze. Ponte Vecchio sorge dall’ombra nel crepuscolo, come un antico valico sull’Arno, le cui arcate si illuminano una ad una di una luce limpida come una limonata, e un colore cloisonné** indugia sulle rive foderate d’oro. In questa serie fantasmagorica di scene che si susseguono, si manifesta una presenza: una donna con un abito svasato dal colore del mughetto, con una borsa dalla patta di pelle d’agnello dal colore blu, sta camminando verso la cinepresa.

La cinepresa segue i suoi passi veloci fino al Palazzo degli Uffizi. La donna si ferma davanti alla Madonna del Prato di Raffaello. Dieci minuti dopo, le si avvicina un uomo elegante fasciato in abiti raffinati, parlano brevemente, come se si scambiassero parole in codice, poi s’incamminano fianco a fianco.

L’uomo la lascia seduta in un caffè all’aperto vicino alla Loggia dei Lanzi, un luogo fiancheggiato da colonne del Vasari. Lei si siede accanto a uno dei leoni medicei, bevendo un caffè mentre legge una copia dell’ “Elegia di Madonna Fiammetta” che ha portato con sé, ma il suo sguardo astuto scorre rapidamente sulla schiera di ammiratori disposti a 270° di fronte a lei. Dopo un po’, l’uomo torna accompagnandosi a un altro uomo, più anziano, con il quale lei scambia biglietti da visita; quello che riceve recita: Sociologa Agostina Gattilusio. L’anziano si siede di fronte a lei, mentre il più giovane si fa da parte, rivolto verso la piazza, con il volto inespressivo, come se la conversazione non lo riguardasse. Lei estrae dalla borsa un blocco di appunti con la copertina in pelle bordeaux e lo mette a portata di mano sul tavolo, ma non lo apre.

Appena dopo, la donna incontra due giovani, uno a Porta San Niccolò l’altro a Santa Maria Novella, poi si dirige verso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore fermandosi nell’ombra, sotto la Porta della Mandorla. Sulla sua gonna danza un tenue luccichio, prodotto dal marmo verde di Prato (“a serpentine”). Aspetta lì per un po’, prima che una bambina si avvicini e le porga una busta. Le dà appena un’occhiata, poi si addentra nei vicoli. (Da una veduta aerea, la si può vedere camminare in questo intricato labirinto di tetti rossi, scendere dritta, girare a destra e attraversare tranquillamente Piazza Donatello). Infine, entra nel viale degli artisti.

[Carrellata]

La telecamera segue la donna a mezza strada di distanza. Lei controlla la targa di ottone sul cancello ed entra. Scopre che si tratta di un laboratorio di pelletteria. Sembra sorpresa. Il nano proprietario del negozio scrolla le spalle e scarabocchia su un pezzo di carta: “Il vecchio giardiniere era il mio defunto padre. Ma ora nessuno sa dove si trovi Primeiro. L’intera famiglia è scomparsa senza lasciare traccia”.

La donna si trova in riva al fiume a braccia conserte, fuma una sigaretta (ripresa in bianco e nero). Sulla panchina lì accanto il suo blocco di appunti è stato aperto dal vento: è vuoto.

[Stacco]

Una stanza buia ma riccamente decorata. Il vecchio che aveva incontrato la donna è sdraiato e ha un’espressione vacua sul viso. Il signore in giacca e cravatta sta scrivendo un messaggio: “Prendete quella strega! Ha rubato la memoria al vecchio Acerbi. Ora è come un portafogli vuoto”.

[3]

«Come funziona? Trasmissione per via aerosolica, come l’influenza H3? Come mai il suo cervello non è esploso se contiene i ricordi di migliaia di persone? Boom! Come una mongolfiera!... Questo tipo di sceneggiatura è troppo abbottonata per un thriller e troppo pedante per un fantasy. In una parola, è un fallimento».

Due adolescenti stanno seduti sul prato del Royal Botanic Gardens Victoria, a Melbourne. Levi, in piedi vicino all’acqua, raccoglie dei sassolini e li getta nel lago per spaventare gli uccelli del canneto.

«Hai visto Lucy, il film di Luc Besson?... “Io sono ovunque!”. Il cervello di lei è stato sfruttato al 100%, è diventata un invasivo supercomputer!».

«Sei il mio migliore amico, Ashton, ma devo ammettere che a volte i tuoi pensieri sono semplicemente inquietanti, voglio dire davvero strani. Mi fai venire in mente la storia del casale di Montecristo, i suoi fantasmi. Mi hai spaventato... Sì, vabbé, adesso potremmo andare alla Scultura del Lago Effimero, è nel Giardino della Sabbia Rossa... oppure facciamo una passeggiata sul Viale degli Eucalipti, magari ci facciamo un selfie con i piccoli canguri... Perché siamo ancora qui?! In questo momento dovremmo essere all’esibizione degli Ensiferum al Myer Music Bowl, non qui a perdere mezzo pomeriggio a parlare di un “Memosponger”... Lasciamo perdere!... A proposito, tuo padre ti ha detto che andrai all’università a Canberra? Ma sei impazzito?! Il Centro delle Arti dello Spettacolo dell’Università di Melbourne è il meglio che si possa desiderare!».

Ashton sospirò e scosse la testa senza dire nulla. Quando si alzarono dal prato e s’incamminarono, si lasciò improvvisamente sfuggire un urlo; Levi si voltò sorpreso, solo per vedere Ashton che, seduto per terra, si teneva la gamba destra con il volto contorto dal dolore: «Levi, guarda il tuo piede destro!». Si scoprì che un pezzo di vetro appuntito di una bottiglia rotta gli aveva tagliato la pianta del piede. Il sangue usciva a fiotti, ma Levi non sentiva dolore.

«Cosa stai aspettando? Chiama lo 000! Vuoi essere amputato?».

«Lo sto facendo... merda, è incredibile! Ma perché non sento nulla?».

«Perché ho accolto io il tuo dolore!».

Ora Levi era seduto su un letto d’ospedale e guardava il medico che si occupava del suo taglio profondo 2,7 centimetri. Per un pelo non s’era squarciato il tendine. Proprio in quel momento il dolore tornò, come un gatto smarrito si intrufola di soppiatto da sotto il cancello e si arrampica sulle ginocchia.

«Ashton, sono io… dove sei?».

«Sul prato, all’esterno, mi puoi vedere dalla finestra…».

«Perché non entri?».

«Dammi tregua, amico! Se entrassi tutti i tipi di dolore in quella stanza mi salterebbero addosso!».

«Incredibile! Non mi hai mai detto di avere questo superpotere!».

«Non si tratta di un superpotere, è una maledizione. Più una persona è legata a me, più velocemente i suoi dolori si trasferiscono in me, per questo devo lasciare Melbourne».

«Quando è iniziato tutto questo?».

«Sono nato piangendo… no, non il tipo di pianto dei bambini normali. Mia madre tornò al lavoro tre giorni dopo la mia nascita, come se non le fosse mai successo nulla. Credo di aver sofferto le doglie al posto suo».

[4]

«Ha un aspetto familiare... L’ho vista una volta, questa donna. Stava guidando una Bugatti Veyron Sang Bleu vicino a South Mapleton Drive».

«Oh mio Dio, era lei! Ora ricordo! Durante la festa, alla piscina della Playboy Mansion, indossava un bikini super sexy e si aggirava lì intorno con un cocktail in mano, in un atteggiamento… spumeggiante... Perché era lì, innanzitutto? Ovviamente non è una nuotatrice. Non si è nemmeno avvicinata all’acqua!».

«Mi è capitato di incontrarla anche l’altro giorno, vicino alla vecchia casa di Alan Ladd. Si stavano girando proprio lì alcune scene di un film e diverse attrici si stavano truccando. Lei camminava deliberatamente dietro di loro, capisci, come se stesse spiando qualcosa... La troupe le ha chiesto di andarsene. Allora lei si è allontanata, con un’inquietante espressione soddisfatta sul viso... poi si è fermata all’ombra di un albero, ha preso una bottiglia d’acqua per il trucco o qualcosa del genere e se l’è spruzzata sul viso».

«Non vive qui, e non è una star... Però ha un aspetto davvero incantevole!».

«Perché dovremmo sprecare l’ora del tè a spettegolare su questa donna così stramba? Perché dovremmo preoccuparci di quello che sta facendo sulle Holmby Hills? Non è stato segnalato alcun furto, nessun incendio a una villa, e di messaggi scritti col sangue non ne ho visti nel cortile di nessuno!».

«Un’ultima domanda: perché sei così sicuro che sia stata proprio lei?».

«Ha un tatuaggio di mandala indiano sul lato sinistro del collo. Aspetta! Il ponte del suo naso sembra più alto in questa foto rispetto all’altra, vero?».

«È spaventoso! Anche i suoi occhi sembrano più grandi, persino modificati nella forma. Non so che tipo di chirurgia plastica possa fare una cosa del genere! Sembra del tutto naturale ma è successo da un giorno all’altro. Nella terza foto gli zigomi sembra siano stati leggermente sollevati».

Lei si aggirava tra il pubblico del red carpet della Mostra del Cinema di Venezia, fissava le star del cinema come Gal Gadot o Charlize Theron, attratta dai loro volti, contava fino a 10 poi si allontanava da qualche parte in giardino e si spruzzava quel liquido sul viso. Le sue pupille erano ora viola scuro, ora rosso corallo, e a volte nero carbone... Ogni volta che tornava a casa, il suo ricco marito dal sorriso malvagio era costretto a “verificare la sua identità”: «Chiunque si spacci per la mia splendida moglie dovrebbe essere messo nel mio laboratorio delle cere».

[5]

«Sta attento ad Agáta la Ceca». La detective Costanze aprì la portiera e uscì, si girò verso Denis seduto sul sedile posteriore e gli porse una busta spessa. «A Vienna puoi trovare ragazze di tutti i tipi. Perché proprio lei?». Da quando Denis aveva incontrato quella gagliarda giovane donna al Dojo di Kendo il mese scorso, non riusciva a togliersi dalla testa il suo volto. «Non devi preoccuparti per me», le rispose.

«Un uomo nato, come te, con un cucchiaio d’argento in bocca, non ha proprio idea di quanto possa essere feroce questo mondo…». Costanze gli fece scherzosamente il gesto del dito medio dritto e si allontanò rapidamente.

Cosa c’era nella busta? Non riusciva a smettere di chiedersi: se era molto probabile che Agáta non fosse così innocente come sembrava... aveva forse una doppia vita? Era una criminale in fuga? Una informatrice? Forse era un’arrivista oppure l’amante di un gangster? Denis esitò… alla fine gettò la busta nel camino. Si versò un bicchiere di vino. Si ricordò di un racconto, “Artificial Beauty”, scritto da Shinichi Hoshi, che gli provocò una fitta al petto. Mise giù il bicchiere.

Il suo cellulare squillò. Era la voce di Agáta, dolce come sempre: «Ciao, tesoro! Che ne dici di andare a tirare un po’ di scherma?». «Che bella idea!, ma… perché invece non andiamo all’opera? Danno ‘Die Entführung aus dem Serail***’, e ho un biglietto di palco! Ti va?».

La giovane gli era sembrata un po’ distratta durante tutto lo spettacolo. Denis si sentì in colpa per essere stato così poco premuroso. Il giorno dopo le propose di incontrarsi al Dojo di Kendo. Ma qualcosa andò storto quando si esercitarono con i fioretti: Denis non si sentiva a suo agio con i guanti nuovi, così l’affrontò a mani nude. Agáta fece una mossa così potente che la sua arma si spezzò e tagliò il dorso della mano di Denis...

«Non preoccuparti, è solo un piccolo taglio!». Denis rimase profondamente scioccato quando vide una strana espressione sul volto di Costanze, come se avesse percepito qualcosa in lei di malvagio.

«Non hai letto la documentazione, vero?».

Da quel giorno non vide più il volto di Agáta, né riuscì mai a raggiungerla. Non conosceva nemmeno il suo indirizzo. Nella settimana successiva accaddero eventi che lo terrorizzarono: venne alla luce lo scandalo di un alto dirigente, il valore delle azioni in Borsa crollò del 32%, suo padre si ammalò gravemente e il fratello minore fu arrestato per frode, senza che vi fossero prove abbastanza convincenti per dimostrare la sua innocenza. Denis stava per fuggire all’estero, per nascondersi fino a quando le cose non si fossero calmate, ma mentre era in auto, nei pressi dell’aeroporto, fu vittima di un terribile tamponamento...

«Ne ho qui un’altra copia». Costanze gli porse una busta bianca. Nel fascicolo si parlava di sei uomini: A, giocatore d’azzardo alle corse dei cavalli, ricco dandy. Poco dopo aver iniziato a frequentare Agáta, si tagliò un dito usando un coltello da frutta, e da allora aveva continuato a perdere i suoi soldi; B, pilota di jet privati, lavorava per un magnate: dopo l’incontro con Agáta inghiottì una lisca di pesce... Il motore del suo aereo prese fuoco mentre sorvolava la baia, morì annegato insieme al suo capo; C, mago geniale, aveva iniziato la sua carriera all’età di nove anni, poi infilò un fallimento dietro l’altro dopo aver conosciuto Agáta, e alla fine morì in seguito a un’emorragia accidentale...

«Che cosa significa?! Agàta porta sfortuna?».

«No, continua a leggere».

Dopo l’infortunio di A, Agáta comprò un biglietto della lotteria e vinse 2,75 milioni di euro; nel caso di B, un investimento finanziario di Agáta in una maniera in Brasile fu miracolosamente ricompensato quando la sua squadra di minatori trovò un gigantesco smeraldo; riguardo a C... Agáta ottenne le proprietà dei sogni della vedova di un agente fondiario morto di recente...

«Possiamo andare a visitare la sua tenuta e scoprire dove si trova», suggerì Denis. Poi accese una sigaretta per rilassarsi, senza accorgersi che il suo cuoco, uscito di fretta per un appuntamento, aveva lasciato in cucina il gas aperto.

[6]

Giappone. Sul treno di Sagano n. 3, i passeggeri stavano fotografando i ciliegi in fiore lungo il percorso: una coppia in luna di miele proveniente dall’Europa; un uomo anziano che non aveva mai lasciato la città prima d’allora, ma che aveva deciso di fare il giro del mondo prima di morire; una timida studentessa con i capelli lisci divisi da una scriminatura centrale; tre casalinghe che avevano deciso di viaggiare insieme... C’era anche un uomo in abito attillato che sedeva in silenzio dietro di noi, osservando tutti gli altri.

Quest’ultimo guardò attraverso la fila di poltrone di legno e notò un uomo seduto in un angolo. Aveva un’aria indifferente mentre tutti tenevano allegramente le loro macchine fotografiche contro i finestrini del vagone. Era concentrato a guardare ripetutamente un video in cui una giovane donna, vestita con un abito color kaki, salutava nella telecamera: «Piccolo Kensaku chan, mi vedi? Sono proprio nel mezzo del sentiero della foresta di bambù, ad Arashiyama! Cresci in fretta e ti porterò qui...».

L’uomo guardò fuori dal finestrino e singhiozzò. Gli tremavano le mani. Ma nessuno se ne accorse.

«Kensaku chan!». Sentì un sussurro. Non riusciva a credere alle sue orecchie. La voce non proveniva dal video, ma da qualche parte nel treno. Si guardò dietro le spalle, meravigliato, pensando fosse un’illusione. Poi la sentì di nuovo.

«Qui!». Kensaku vide un uomo che lo salutava, a qualche fila di distanza. Tutti gli altri girarono la testa verso di loro con stupore, perché una voce del genere non sarebbe mai potuta uscire dalla gola di un uomo, talmente era tenera, premurosa, confortante.

«Kensaku chan, prenditi cura della mamma mentre sono via...». La voce continuò: «So che la vita è stata dura per te...».Kensaku si lanciò con irruenza davanti all’uomo misterioso: «Lo farò, mia carissima sorella. Riposa in pace...».

[7]

«Non ho mai abbracciato nessuno. Lo faccio per il loro bene».

Il suo petto era sempre perfettamente equipaggiato. Ogni sera, tornato a casa, infilava la mano all’interno della camicia e tirava fuori qualcosa delle dimensioni e del colore di un disco di vinile, ma duro come il materiale antiproiettile di carburo di boro. Prendeva subito un’espressione di liberazione da “pausa caffè”, perché una volta che la moglie diplomatica tornava a casa dall’ambasciata, doveva rimettere il disco nella tasca della tracolla. Lo portava anche quando dormiva.

«È come un amuleto». Le sue labbra si incurvarono leggermente in modo intrigante: «Quando il cuore di qualcuno è troppo vicino al mio, le sue relazioni sociali saranno assorbite da me, le loro mogli, i loro fidanzati, i loro amanti e i loro fan si innamoreranno di me, indipendentemente dai loro gusti, che siano omosessuali o etero; i loro genitori verranno a farmi visita dalle città di tutto il Paese; i loro figli salteranno nelle mie braccia, urlando e gridando di gioia; persino i loro cani feroci scodinzoleranno verso di me...».

«Si potrebbe pensare che questo sia il miglior superpotere che si possa desiderare al mondo. Ma vi mostrerò una cosa». Si rimboccò le maniche, rivelando la cicatrice di un’orribile ferita. «È successo un giorno, poco tempo fa, quando sono arrivato in Colombia. C’era un ragazzo francese che, involontariamente, aveva pestato i piedi a una banda locale di narcotrafficanti, ma io non lo sapevo. Venne a casa mia il giorno del compleanno di mia moglie e mi abbracciò. Poi, una sera, ero a casa da solo e all’improvviso sentii esplodere assordanti colpi di pistola! I vetri delle finestre della camera da letto andarono in frantumi. Quei tipi, all’esterno, urlavano e mi insultavano continuando a sparare! Ce n’era anche uno che cercava di far saltare in aria la porta. Ero così spaventato! Sono saltato via in pigiama dal balcone posteriore e mi sono rifugiato nel bosco, ma un maledetto ramo mi ha lacerato profondamente la pelle...».

[8]

Tadhg aprì lentamente un’anta dell’armadio, tirò fuori un abito a doppio petto e lo indossò. Lo aveva messo anche il giorno prima. Ma adesso non gli cadeva bene, ovviamente: la vita era un pugno più larga della sua e l’orlo era troppo corto. Si esaminò allo specchio e sorrise sprezzante.

Nel letto c’era una persona che si muoveva delicatamente emettendo gemiti gutturali. Non si sarebbe mai potuta notare in quella stanza senza vita, se non per il suo ultimo tentativo di muovere le dita sottili e strappare i lenzuoli di pizzo: sembrava decrepita, con orribili occhi infossati e muscoli orbicolari avvizziti, profonde rughe intorno alla bocca... Puzzava come fosse sepolta nella calce. Gesticolava arrampicandosi su una corda immaginaria, ma non riusciva a trattenersi dallo sprofondare come in una palude... Sembrava una macchia disgustosa tra il delicato cuscino e il lenzuolo di raso.

La sera prima, al tavolo da gioco, il vecchio Thane tossì violentemente, sputò una boccata di sangue nel piatto, cadde sul tavolo e non si svegliò più. In Tadhg si scatenò una profonda paura. Ricordò quello che Thane gli aveva detto: «Mi sento inesorabilmente triste, mi mancano quei giorni in cui eravamo giovani... Le nostre arrampicate e il paracadutismo che facevamo insieme. Odio stare seduto come un burattino qui con te in questa luce fangosa, aspettando la Morte».

Tornando a casa, Tadhg entrò in una stazione di servizio. Ad accoglierlo e a fargli il pieno fu la figlia del capo, una ragazza bella e innocente.

Ora Tadhg aprì lentamente l’altra anta dell’armadio e tirò fuori un vecchio completo in stile anni ’80, un po’ impolverato ma che gli calzava a pennello. Sorrise a se stesso con soddisfazione.

Decise di andare dal sarto. Dopo tutto, aveva ancora tanti anni davanti a lui, come abissi insaziabilmente aperti.

(Fine)

NOTE

* In italiano nel testo originale come anche “Mortacci tua!”, ndt.

** In francese nel testo originale, ndt.

*** Il “Ratto dal serraglio”, in lingua tedesca nel testo, ndt.

LA FINE DEI GIOCHI

ovvero, il Ren Woxing di Yin Xiǎoyuán by Paolo Maria Rocco

Il cielo, la terra e io siamo nati da uno,

e io sono tutt’uno con tutto ciò che esiste.

… Che l'altro e se stesso cessino di opporsi, questo è il perno del Dao

Zhuāngzǐ

(comunemente noto come Zhuāng Zhōu

369 a.C. - 286 a.C., ca)

Photo by Deep Sleep

Con una brillante scrittura organizzata in quadri/scene e in successione di sequenze mutuata dal genere cinematografico, e percorsa da sollecitazioni narrative da thriller e da fantasy (come ci informa la stessa Autrice Yin Xiǎoyuán confessando il fallimento del tentativo di adeguarsi ai caratteri di stile e di contenuto propri di quelle tipologie di fiction: un fallimento inteso nel senso che oggi la realtà supera spesso qualsiasi immaginazione), emerge l’allegoria sottesa alla trasposizione in chiave moderna della storia del malvagio Ren Woxing, uno dei protagonisti del romanzo originario di Jin Yong (“Il Fiero viandante soridente”), e ne fa un esempio di notevole efficacia del crossover epico letterario. Il possesso delle esistenze altrui (tramite il Potere di assorbimento cosmico: xīxīng dàfǎ), raggiunto attraverso la capacità di assimilare la linfa vitale - che è anche memoria storica che ogni essere porta con sé - di chiunque venga a contatto con Ren Woxing, diventa nel racconto di Yin Xiǎoyuán ricerca delle motivazioni per le quali, ancora oggi, potrebbe avere un senso riconciliarsi con la filosofia Dao (o “Tao”) che predica l’assunzione da parte dell’individuo del percorso interiore che lo porterà alla conoscenza panica dell’Universo, e, quindi, a riconoscere se stesso come parte del Tutto, egli stesso il Tutto nella dimensione perfetta dell’Uomo che raggiunge, nel suo percorso di elevazione spirituale, un’estasi benigna per sé e per il prossimo. Potrebbe avere un senso se non fosse che oggi, ci suggerisce l’Autrice, l’idea e l’organizzazione mercantile del Progresso e dell’Evoluzione Socio/Politico/Culturale prevale, a tutte le latitudini, su qualsiasi altra istanza esistenziale.

Della lotta tra le varie Scuole di Pensiero e di Arti Marziali narrate nel romanzo originario (che riprende l’antichissimo genere dei racconti cinesi “Wuxia”, basato su avventure di artisti marziali), Yin Xiǎoyuán ci offre alcuni elementi riconoscibili che, allo stesso tempo, sottoposti ad una rivisitazione che accentua toni dell’ironia se non proprio dell’umorismo, rivelano le intenzioni dell’Autrice: una contestazione amara dell’inganno perpetrato da quanti, seppure sembra conservino, interiormente (ma senza riconoscerla) una visione della vita conforme alla ricerca della perduta armonia del mondo e della concordia, in realtà vivono spensieratamente in un mondo di conflitti (come dice il titolo del romanzo originario) e non riescono, poi - nella società attuale votata alla perdita di quell’armonia e a fare dell’Uomo un Uomo dimidiato - a sottrarsi alle lusinghe del Potere che essi stessi esercitano per esclusivo interesse personale. Nel racconto dell’Autrice il fagocitare le pulsioni e il patrimonio culturale e spirituale altrui non ha soluzione di continuità prefigurando così non il raggiungimento di un equilibrio tra gli opposti (una delle fasi della disciplina Daoista) ma la soppressione violenta dell’Altro finalizzata all’acquisizione di un Potere assoluto ed esclusivo sulla Vita e a perpetrare gli aspetti più negativi del conformismo ideologico sui quali si edifica, oggi, l’organizzazione sociale intesa in senso globale: non è un caso, infatti, che il racconto dell’Autrice si sviluppi tra diverse regioni dell’Occidente e dell’Oriente.

Ren Woxing, leader del Sacro Culto della Luna del Sole e temuto maestro della manipolazione, è, dunque, il prototipo dell’ “eroe negativo” teso a ripristinare - dopo esserne stato privato a causa di una congiura ordita dai suoi nemici nella guerra tra Scuole di Arti Marziali - il possesso degli strumenti delle sue maligne prerogative e che, alla fine, nel romanzo originario del “Fiero viandante sorridente”, muore per un ictus: una dipartita improvvisa e repentina che riconosciamo nel racconto di Yin Xiǎoyuán nel personaggio di Thane che muore, di punto in bianco, in conclusione del racconto, per un analogo accidente mentre si trova al tavolo da gioco; così come riconosciamo echi della lotta tra i seguaci dell’antica Scuola della Spada nell’episodio della sessione di scherma ingaggiata da Agáta e Denis e durante il quale quest’ultimo rimane ferito ad una mano.

Una congerie di personaggi e luoghi ben illustrati dalla immaginifica e prolifica creatività dell’Autrice, nativa del Sichuan, costituisce la variegata ambientazione della storia narrata. Relativamente ai personaggi si deve dire innanzitutto che essi hanno un valore simbolico a partire dal dato per il quale di nessuno di essi conosciamo la fisionomia (se non per qualche rarissimo accenno che, al contrario, ci pone di fronte alle continue modificazioni esteriori che essi subiscono, come ad esempio accade alla misteriosa Agàta la Ceca o a Tadhg o al misterioso uomo/donna del treno di Sagano: maschere nell’assenza di una peculiare identità, che non può esservi) ma solo la funzione che sono chiamati a esercitare nella narrazione. Simbolico anche il valore degli ambienti di alcuni dei quali, per una sorta di suo personale divertissement - poiché quei particolari toponomastici non aggiungono né tolgono nulla alla storia come, per esempio, il particolareggiato percorso stradale seguito da uno dei personaggi attraverso il centro storico di Firenze - l’Autrice fornisce una descrizione fedele, mentre, in altri casi, esclusivamente la notazione del luogo in cui si sviluppa l’intreccio: il giardino botanico Reale di Melbourne, il treno di Sagano in Giappone, oppure la Playboy Mansion di Hollywood. Una cura per il dettaglio che scopriamo, però, detenere una forte motivazione nel quadro complessivo della storia narrata. Questa scelta ci dice che personaggi e ambienti funzionano, al contrario, per decontestualizzare la vicenda e renderla universale: non importa il particolare patrimonio di sentimenti, di ideali o naturalistici che di essi ci vengono illustrati (che si tratti, in quest’ultimo caso, di città o di ambienti variamente paesaggistici) ma, piuttosto, i caratteri e le evidenze che essi sono chiamati a giocare: l’artigiano di gioielli, la donna enigmatica, l’anziano in fin di vita, il genio matematico, il mago, la bambina, la detective… Figure umane e ambientali che trovano, alla fine, coesione e coerenza laddove si dovrebbe contestare di una loro disorganicità: la ratio che li unisce è nel fine per cui essi sono stati pensati e agiti in quanto emblemi, per cui molteplicità di tipi umani e molteplicità di ambientazione rappresentano esclusivamente la necessità, per l’Autrice, di costruire un quadro nel quale pezzi tra loro del tutto differenti e separati si incastrano come in un puzzle fino a creare un disegno e un significato generale nel quale Bellezza e Corruzione - i poli tra i quali si sviluppa la storia - si miscelano (valgano, per tutti, la scena del primo quadro nel quale l’abilità creatrice di straordinari gioielli - che pare suggerire la presenza di un animo gentile - da parte del padre di Primeiro è irrimediabilmente compromessa dalla malvagità dei volgari improperi che egli rivolge al figlio neonato e alla sua tata; o la sesta scena che si svolge nel treno di Sagano in cui all’armonia dei ciliegi in fiore - dei quali non a caso i passeggeri del treno possono godere solo a distanza, attraverso una barriera di vetro - si oppone la straniante e stridente figura di un uomo anziano che, in quel vagone, parla con voce di donna). L’immagine conclusiva che emerge da questa combinazione nella quale quindi gli opposti non si conciliano ma si sopraffanno vicendevolmente, è quella del caos che governa una umanità anonima, fatta di particelle prive di identità (ciascun personaggio, per effetto del Potere di assorbimento cosmico di cui abbiamo detto, è privato della propria identità a contatto con l’altro dal quale trae una nuova identità per poi continuare a esserne defraudato in un circuito di acquisizione e perdita senza fine) e chiuse a qualsiasi vicendevole interazione, ovunque essa si trovi, spensieratamente ignara del proprio destino, o, meglio, indifferente, e che solo in punto di morte tenta di opporre una debole, inutile resistenza all’essere prosciugata - in quella parvenza di esistenza - di tutte le sue prerogative, risucchiata in un vortice abissale, che è quello della nostra società contemporanea. Ren Woxing, il terribile succhiatore di anime, è, nell’allegoria, il modello di organizzazione sociale affermatosi nel mondo che reprime le singole individualità spegnendo l’orizzonte di ciascuno, inglobandole in un insieme indifferenziato, appunto, e contemporaneamente capace di tenere separate quelle presenze in un viluppo funzionale a quel sistema ma mortale perché nega la peculiarità dell’Uno (che non può stare in rapporto con nessun altro se non per perdere la propria singolare unità).

La rappresentazione letteraria dell’Uomo dimidiato trova, nell’autrice Yin Xiǎoyuán, un pertinente e valido corrispettivo nella struttura della narrazione, costruita per frammenti: una particolare organizzazione del “sistema del discorso” oggetto di studi semiotici ed ermeneutici a partire dalla definizione del cosiddetto “cambiamento di scala” nella produzione e comunicazione dei testi, prodotto della miniutarizzazione del testo. Importante notare che studi sull’argomento**** nel distinguere tra frammento e dettaglio sottolineano, tra l’altro, il carattere di modernità di quest’ultimo, rispetto al ‘frammento’ assimilato, generalmente, nell’Arte e nella Letteratura, al metodo di ricerca archeologica. L’attenzione e la cura per il dettaglio (che è, si deve sottolineare, carattere essenziale della tradizione ultramillenaria dell’Arte cinese e orientale) diventa, nel Ren Woxing della scrittrice, strategia funzionale non solo alla sua aderenza a quegli aspetti ermeneutici tipici dell’arte cinematografica***** a cui attinge, ma a fare di quella aderenza strumento per narrare, in un originale miscelamento di tradizione e modernità, la drammatica deriva del mondo contemporaneo. Proprio come il semiologo R. Cesarani sottolinea dell’intuizione del poeta Wystan Hugh Auden nella sua poesia ispirata alla “Caduta di Icaro” (opera pittorica di Brueghel nella quale si vede Icaro precipitare nel mare) scritta tra il 1930/40: «È una poesia sulla sofferenza e sulla disattenzione del mondo al grande splash che sta per verificarsi, allo scoppio della guerra imminente. (…) Auden sembra voler dire che al mondo di oggi non c’è posto per i sentimenti, per le passioni sublimi, per gli impegni totali, per le grandi tragedie – nemmeno per quella tragedia che stava per coinvolgere il mondo. Vanno vissute, egli sembra dire, le tragedie, con distacco, con ironia. (…) La grande tragedia di Icaro diventa uno splash. Il piglio è secco, allusivo, riflessivo. Tra una riflessione e l’altra ci sono salti logici. Parla qualcuno che sta camminando e pensando dentro le sale di un museo. Naturalmente è un fatto rilevante che il tema della riflessione sia offerto non da un fatto della realtà ma da un oggetto artistico, non da un momento di esperienza diretta ma da momenti esperienza rappresentata, accumulata nel passato che proprio per questo fa scattare improvvise rivelazioni. Queste sono affidate a una serie di particolari: i vecchi che aspettano, i bambini che pattinano, il cane, il cavallo, e così via». Non possiamo non riconoscere, dunque, che quello stesso splash cui allude Cesarani è il declino nel quale si sta precipitando il mondo contemporaneo negli innumerevoli segnali che quotidianamente osserviamo, descritto da Yin Xiǎoyuán nel suo Ren Woxing: sofferenza e disattenzione del mondo, guerre, mortificazione dei sentimenti e delle passioni, sopraffazioni dell’uomo contro l’uomo, indifferenza verso le tragedie… È allora di una progressiva ed esperita decadenza dei valori etici e morali nel mondo che ci sta parlando la scrittrice, nell’organizzazione dello strumento linguistico del dettaglio (rappresentazione dei tanti aspetti del mondo) in una visione unitaria e convergente nell’amara constatazione di tutto ciò che, oggi, come per Icaro, tarpa le ali e conduce - come dice in conclusione del racconto - verso “abissi insaziabilmente aperti”.

Paolo Maria Rocco

NOTE

**** Semiotica del Frammento – Documenti di lavoro, Centro internazionale di Semiotica e di Linguistica dell’Università di Urbino, 1988.

***** Ivi: Remo Cesarani “Frammento e Dettaglio: qualche proposta di differenziazione terminologica e storiografica”, pag. 2: “(…) privilegiamento del dettaglio tipico di certi altri media della modernità, in particolare del cinema: funzione del dettaglio nel gioco di rapporti fra inquadrature e montaggio (…) procedimenti di ingrandimento, ecc.”.

Nota biografica di Yin Xiaoyuan:

Yin Xiaoyuan (Yin Xiǎoyuán, “殷晓媛” in lingua cinese) è una poetessa di crossover epico d’avanguardia e di cross over di genere. Scrittrice multilingue, fondatrice della Enciclopedic Poetry School (istituita nel 2007), ha dato l’avvio al Movimento di Scrittura Ermafrodita  e ha redatto la Dichiarazione di scrittura ermafrodita, è redattrice e designer visivo di “Encyclopedic Poetry School AI Papercube ” (edizione special del 10° anniversario), “12th Anniversary Poetry ╳ Photography ╳ Manuscripts Album ” e “2020 Yearbook: Poetry ╳ Photography”, “2020 Versione Deluxe: Poesia ╳ Fotografia ╳  Manuscripts Album”, e del “2020 ‘Hymn to Poetry’: Online International Poetry Festival CD Album ”. Direttrice e visual designer del “12th Anniversary Poetry ╳ Tea Deluxe Gift Set” e del “12th Anniversary Commemorative Medallions”. Dirige anche la “Encyclopedic Poetry School Creative Writing & Integrated Art Workshop”, di cui fanno parte poeti, scrittori, drammaturghi, musicisti e artisti visivi / di installazione / fotografia / calligrafia.

Nota biografica di Paolo Maria Rocco:

Paolo M. Rocco, poeta, traduttore, è stato docente a contratto per l’Univerrsità di Urbino, è giornalista professionista. Ha scritto, ad oggi, i seguenti libri che hanno ricevuto premi e riconoscimenti nazionali e internazionali: romanzo: “Virginia, o: Que puis-je faire?”, 2015, sulla vita straordinaria di Guido d’Arezzo, Monaco nell’Anno Mille, inventore della notazione musicale; poesia: “I Canti”, 2016; poesia: “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie”, bilingue, 2019; poesia: “Antologia di Poeti contemporanei dei Balcani” (alla quale ha collaborato il poeta bosniaco Emir Sokolovic), bilingue 2019; poesia/saggistica: “Izet Sarajlic per Sarajevo-Vita e Poesia”, 2021, raccolta bilingue di saggi inediti di scrittori e poeti del mondo, studiosi dell’opera di I. Sarajlic poeta del Secondo Novecento, più conosciuto e diffuso nei Balcani (patrocinio e presentazione pubblica a cura dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo); poesia: “Temi e Variazioni”, 2021; memorialistica: ha promosso la pubblicazione in Italia del libro del filosofo/scrittore bosniaco (esule a Londra) Predrag Finci, dal titolo “La Stazione e il Viaggiatore”, 2022, che ha tradotto insieme a Bozidar Stanisic e di cui ha curato la postfazione; poesia: “Canti per Eirinn: poesie irlandesi d’amore e libertà dal medioevo a oggi”, 2023, bilingue, di cui ha curato selezione, traduzione e introduzione. Il suo ultimo libro di poesie “essendo inadeguata ogni parola” è in fase di pubblicazione.


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