LA METAMORFOSI di Saverio Raimondo

—Cover photo by Benedetta Grasso—

—Cover photo by Benedetta Grasso—

di SAVERIO RAIMONDO

( by Saverio Raimondo - Stand up comedian, Late Night show host, humorist, satirical author. Award winning comedian with a Netflix special “Il Satiro Parlante”)

Un insetto immondo, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo anfratto umido e poco illuminato, in Gregorio Samsa. 
Riposava sulla schiena, dura per le contratture come la sua cervicale; e sollevando il capo, dolorante per l'improvvisa emicrania, vedeva il suo ventre flaccido e i pettorali non palestrati -come del resto tutto il suo corpo, snello ma privo di tono muscolare, coperto da un completo color kaki. Le gambe, due e magre, erano corte. Si era risvegliato umano, e per giunta basso.
“Cosa mi è successo?”, pensò. Non era un sogno, né la solita muta. Il suo riparo, nella crepa di un muro esterno in una casa di campagna, che fino alla sera prima lo aveva accolto perfettamente, ora era stretto e soffocante. Per la prima volta soffrì di claustrofobia.
Il suo sguardo allora si rivolse all’esterno, dove la pioggia cadeva sottile. Lo assalì la malinconia.
Pensò di riaddormentarsi, nella speranza poi di risvegliarsi di nuovo scarafaggio; ma era impossibile, giacché ora soffriva anche d’insonnia.
Forse quella metamorfosi era colpa della sua alimentazione, o di una cattiva digestione: “Ecco cosa succede a mangiare vegetali decomposti e ad assumere tutti quegli escrementi”, pensò. Si scoprì a desiderare un'aspirina, senza sapere esattamente cosa fosse.
Uscì fuori dalla sua tana, non senza difficoltà viste le sue nuove dimensioni; e si guardò intorno con appetito in cerca di derrate alimentari. Voleva fare colazione e, per quanto possibile, mantenere inalterate le sue abitudini di insetto; anche se gli fu chiaro, specie visto ciò che indossava, che non avrebbe più potuto defecarsi addosso e rigurgitare durante il pasto.
Mosse qualche passo incerto, ma subito si accorse di aver pestato qualcosa di croccante e famigliare. Si appoggiò al muro e sollevò il piede: sotto alla suola del suo mocassino giacevano, spiaccicati, degli scarafaggi. Nutrì per loro sentimenti confusi.
Poi alzò lo sguardo, e per la prima volta vide la campagna attorno a sé da 1 metro e 60 d'altezza -che non è molto per un essere umano, ma è già tanto per un (ex) insetto. 
Il suo orientamento gli suggeriva di procedere diritto. S'incamminò senza badare alla pioggia.
Attraversò i campi, poi un paio di strade, e giunse in una piccola stazione ferroviaria. Il suo nuovo istinto lo portò ad entrare in un bar, dove ordinò “Caffè” con un suono incerto (quello della sua voce), ma che risultò sufficientemente chiaro all'uomo dietro al bancone. Bevette così il suo primo caffè, procurandosi ustioni alla lingua e bruciore di stomaco.
Uscì senza pagare e salì su un treno in partenza. Dove un controllore gli chiese il biglietto, che non aveva, e si beccò la multa.
E mentre guardava fuori dal finestrino scorrere tutto il resto, rifletté con angoscia crescente sulla condizione umana che lo attendeva all'arrivo e nei giorni seguenti: il traffico, il parcheggio, l’affanno per trovare una casa, l’affitto o il mutuo da pagare, le bollette, l'assicurazione, le difficoltà sul lavoro, i problemi economici, lo stress, le relazioni difficili, la precarietà dei rapporti e l’insicurezza dei sentimenti, nulla di duraturo né di cordiale, le ingiustizie, il tradimento, la corruzione morale, i sensi di colpa, la disillusione, il senso di impotenza e di inadeguatezza, il conflitto fra ideale e reale, fra immaginazione e realtà, il fallimento umano e professionale, la consapevolezza della morte, i bigodini.
Fu così che Gregorio Samsa, in un giorno qualunque, ebbe il suo primo attacco di panico.

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